In questi ultimi mesi, in Centrafrica è stato tempo di raccolta dei semi, detti drupe, della palma da olio o dendè, ossia dei frutti dai quali si estrae il prezioso liquido, ormai da molti anni incriminato nel nostro occidente.

Gli educatori, insieme ai ragazzi di Wotoro, raccolgono i frutti, li ripuliscono e poi li fanno cuocere in grandi pentoloni per estrarre il prezioso olio di palma che, da queste parti, è veramente insostituibile nella preparazione dei cibi, non essendoci olio di oliva, burro o altro ingrediente simile.

Niente a che fare con l’olio di palma che viene utilizzato nella nostra industria alimentare per sostituire a buon mercato prodotti più costosi nella preparazione di dolci e merendine e che spesso proviene da coltivazioni intensive che distruggono la biodiversità in molti Paesi del mondo, in particolare in Malesia e Indonesia.

Qui a Wotoro alla coltivazione della palma da olio è stata destinata una piccola porzione dell’appezzamento che è divenuto ormai proprietà dell’ONG Kizito, e che viene sfruttato in gran parte per la coltivazione di manioca, mais, arachidi e ortaggi, prodotti di uso comune che soddisfano il fabbisogno alimentare dei ragazzi ospitati al Centro e le cui eccedenze vengono vendute.

La palma da olio rientra nelle coltivazioni tradizionali dell’Africa Centrale e viene considerata un bene prezioso in quanto vi si estrae l’olio, molto richiesto sul mercato locale e ottima fonte di guadagno e sostentamento per tutta la fattoria didattica di Wotoro.

In questo senso questa coltivazione “limitata” e questa produzione “tradizionale” dell’olio di palma rientrano a pieno in una economia rispettosa del territorio, delle persone che lo abitano e della loro cultura.